Far Fronte ai Cambiamenti di Mercato Attraverso gli Strumenti del Mondo Startup
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Il contesto economico delineatosi negli ultimi anni sta ponendo sempre più le aziende di fronte a scenari imprevedibili, caratterizzati da costanti cambiamenti, innovazione, complessità, e soprattutto da una forte incertezza. In questa cornice, il successo raggiunto dalle startup, realtà agili, propense ad adattarsi ai cambiamenti e agli imprevisti, dimostra come approcciare il moderno mondo del business con uno “startup mindset” consenta di fare dell’incertezza virtù ed offrire soluzioni ad alto impatto che trovino spazio sul mercato e non soccombano alla competizione. Ma cosa significa avere uno startup mindset? Ne abbiamo parlato con Donato Macario, Innovation Consultant presso il Ciheam Bari, per il quale si occupa di programmi di open innovation e costruzione di programmi formativi e servizi di supporto alle startup e alle imprese.
In un quadro globale così soggetto ai cambiamenti dovuti al mercato e alla velocità della trasformazione digitale, l’abilità di anticipare tali mutamenti e di prepararsi ai possibili futuri scenari diventa fondamentale per un business. Gli ultimi anni hanno dimostrato come i cambiamenti rapidi siano causa di grandi problemi per le aziende fondate sulla iper-programmazione e la stabilità: la chiave per affrontare questi problemi va cercata nell’adattabilità, nell’antifragilità, nell’agilità, nella capacità di apprendere dagli errori, ma soprattutto nell’utilizzo di nuovi modelli culturali e organizzativi alla base dello startup mindset.
Non parliamo solo di una mentalità votata all’autoimprenditorialità: sono sempre più le organizzazioni a cercare intrapreneur che presentino tale mindset e possano implementare in azienda determinate metodologie proprie dell’ambiente startup. Che si voglia lanciare un progetto innovativo, rivoluzionare la propria impresa o entrare in un’azienda con un atteggiamento imprenditoriale, possedere uno startup mindset diventa fondamentale per fare dell’incertezza e della turbolenza che governano il mercato un’occasione per acquisire nuove skills e sperimentare e testare nuove idee di business in maniera agile e snella, senza troppi sprechi.
Cosa Differenzia una Startup da Un’Azienda Tradizionale?
Per giungere ad una concezione definitiva di cosa sia lo startup mindset e come lo si possa implementare nelle startup e nelle aziende, è importante definire cos’è una startup e quali sono le caratteristiche che la differenziano da un’azienda tradizionale. Spesso nell’immaginario comune si pensa ad una startup come ad un’azienda appena nata che ha l’ambizione di crescere. Nel contesto attuale, questa definizione appare tuttavia insufficiente.
Abbiamo chiesto a Donato Macario, Innovation Consultant presso il Ciheam Bari cosa definisce una startup, ed in cosa si differenzia da un’azienda tradizionale:
“Per rispondere a questa domanda mi piace dire che una startup non è una versione in miniatura di una grande azienda; la startup non va confusa con la fase di avvio di un’azienda di tipo tradizionale come un bar o una pizzeria, che spesso viene chiamata fase di “startup”. Non amo la retorica legata allo startupper come giovane visionario con idee geniali capace di fare soldi. Non lo amo in quanto credo che l’idea in una startup sia un elemento sopravvalutato, ed anche il mito del giovane ha bisogno di essere morigerato. Le statistiche vedono invece il più alto tasso di startup di successo fondate da gente alla fine dei 40 anni, ed anche più. Trovo che sia importantissimo invece parlare di startup ed educare allo startup mindset fin da giovanissimi, cosa che purtroppo, tranne poche eccezioni, non avviene spesso nel mondo della formazione tradizionale.
“Per capire meglio cosa sia una startup farei invece riferimento a quello che dice Eric Ries, ovvero che una startup è un’istituzione umana progettata per consegnare un nuovo prodotto/servizio sotto una condizione di estrema incertezza, e pensiamo a quanto sia attuale l’incertezza nel momento storico che viviamo,” spiega Macario. “Un’altra definizione interessante della startup è quella di essere una realtà confusa circa quello che è il suo prodotto, chi sono i suoi clienti e come fare soldi: una volta chiariti questi 3 aspetti, termina di essere una startup e diventa un vero business.”
Un’ulteriore elemento che contraddistingue una startup è il possedere un modello di business nuovo che necessita validazione da parte di chi quel prodotto/servizio dovrà utilizzarlo. L’incertezza è dunque un fattore comune, se non una prerogativa delle startup.
“Nel lancio di un prodotto o servizio, le aziende spesso partivano con un dettagliato business plan, successivamente immettevano denaro per costruire il prodotto ed andare sul mercato. Questo approccio, specie in questo contesto incredibilmente incerto, è fallace: fare un business plan con delle previsioni su quello che avverrà tra 5-6 anni si rivela inutile, in quanto difficilmente tale piano sopravviverà al primo contatto con i clienti. Quando si parla di startup, specialmente nelle sue fasi iniziali di vita, strumenti come il business plan sono completamente inefficaci: cruciali diventano invece metodologie come il business design ed il service design e l’applicazione di strumenti come il Business Model Canvas, capaci di porre l’attenzione su come un’azienda crea e distribuisce valore. Per questo in fase early stage, su un nuovo progetto il Business Model vince sul Busness Plan,” spiega Macario.
In questo contesto le startup trovano più spazio per crescere, grazie alla flessibilità, all’agilità, all’indole votata a reagire, ad un mindset in grado di affrontare l’incertezza ed anzi fiorire nella stessa, poiché spinge l’azienda e gli individui che la compongono a trovare soluzioni nuove.
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Cos’è lo Startup Mindset?
In ambito organizzativo e di mercato economico, gli ultimi anni sono stati caratterizzati dal delinearsi di un ambiente detto VUCA, acronimo di Volatility (volatilità), Uncertainty (incertezza), Complexity (complessità) ed Ambiguity (ambiguità), che definiscono un contesto incontrollabile, complesso, reso imprevedibile dalla velocità di cambiamento e dall’impatto tecnologico, dalla mutevolezza delle relazioni, dalle costanti fluttuazioni, dalla difficoltà nel prevedere il futuro ma anche di comprendere i cambiamenti in atto.
Che ci si trovi a dover iniziare un nuovo progetto, a cambiare carriera, a muoversi da una grande ad una piccola organizzazione o viceversa, che si voglia ripensare la propria azienda per sopravvivere al cambiamento e alla crisi, avere uno startup mindset diventa fondamentale per adeguarsi al contesto VUCA, accettando di non poterlo cambiare o modificarne le variabili ma muovendosi piuttosto nella comprensione e analisi del presente, utilizzando nuovi strumenti, nuove metodologie che permettano di affrontarne la mutevolezza.
Donato Macario ci ha illustrato in che modo i principi, i valori e gli strumenti impiegati dalle startup possano essere cruciali nel far fronte a questi cambiamenti, delineando le caratteristiche di uno startup mindset.
Muoversi con Agilità nell’Incertezza
“Lo scenario VUCA sta contribuendo a rendere sempre più obsoleti i classici modelli di business e di leadership, e sempre più difficile riuscire a conseguire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo,” ci spiega Macario. “Fino a circa 20 anni fa, le aziende con un forte vantaggio competitivo riuscivano a mantenerlo in media per 60 anni: oggi questo è sceso a circa 18 anni. Un modo per resistere a questo scenario è iniziare ad imparare dalle startup come essere più agili: è necessario per le aziende entrare nell’ottica che il proprio modello di business dovrà cambiare svariate volte nel corso della propria vita.”
La sfida per le aziende, nel mondo del business odierno, è dunque quella di sviluppare una cultura ed un ambiente che siano stimolanti, basati su imprenditorialità e nuovi modelli di management e leadership, guardando all’agilità delle startup come ad una via virtuosa per risolvere rapidamente i problemi, snellire ed iterare i processi, validare i bisogni e le aspettative dei clienti e fare dell’incertezza un canale per sviluppare un’adattabilità che consenta di avere più controllo sul futuro (sebbene sarà sempre più difficile) e di cavalcarlo come fanno i surfisti.
“Oggi diventare agili significa intraprendere un profondo ripensamento dell’organizzazione dell’azienda e del modo in cui lavora, che spesso è figlio di un modello taylorista basato sulla massimizzazione dello standard e la minimizzazione dell’errore che ha ormai più di 100 anni. La manifattura italiana per esempio fino agli inizi del 2000 ha basato il suo successo sull’eliminazione dell’errore, ma si è visto come l’arrivo di variabili esterne nuove e imprevedibili introdotte da fenomeni come la globalizzazione abbiano reso l’iper-pianificazione incredibilmente labile, ed il vantaggio competitivo si sia sgretolato.”
Inglobare l’Errore nella Propria Strategia
Puntare alla perfezione e pianificare sul lungo termine si stanno rivelando modelli sempre più inadeguati per affacciarsi ad un mercato in continua trasformazione e rispondere ai bisogni dei consumatori, sempre più mutevoli ed esigenti.
“I vantaggi competitivi accumulati nel tempo da molte imprese vacillano perché non si riesce a reagire al cambiamento,” spiega Macario. “Oggi il vecchio approccio di iper pianificazione e gestione delle risorse umane ‘comand & control‘ si è dimostrato inefficace, e l’errore non solo non può essere evitato, ma va inglobato in una strategia di apprendimento continuo: in questo le startup sono molto, molto brave. Occorre rivedere il modo in cui si lavora al proprio interno, come si ingaggiano i propri collaboratori, come funziona la leadership in organizzazioni non più piramidali ma orizzontali, dove anche il ruolo del manager ha bisogno di mutare. Direi che è forse il momento storico giusto per far capire che sono forse le startup a poter fare da mentor ad aziende più strutturate e non solo viceversa. Essere startupper in azienda non è più solo auspicabile, ma necessario,” racconta Macario.
La Centralità del Consumatore ed il Valore delle Esperienze
Come abbiamo già evidenziato nel parlare del growth hacking mindset, lo startup mindset si rivela fondamentale anche nel modo in cui si concepiscono e si lanciano nuovi prodotti o servizi. “A mio avviso il mindset da startup è strettamente correlato all’abilità di costruire prodotti e servizi capaci di rispondere ai reali bisogni delle persone,” spiega Macario. “Oggi più del 90% delle startup falliscono, ed il motivo principale per cui questo avviene è che gli startupper fanno cose di cui la gente non ha bisogno. Una startup dovrebbe partire dal presupposto che i consumatori non comprano prodotti, ma comprano soluzioni ai loro problemi, e vogliono vivere esperienze che migliorino la loro vita. Oggi le aziende più promettenti, più redditizie, sono le aziende davvero ossessionate dal consumatore, che riescono a mettere le persone, i loro bisogni ed aspettative al centro del proprio design, investendo in vere e proprie esperienze in grado di impattare positivamente le loro vite,” spiega Macario.
Nuove Metodologie di Progettazione: Lean Methodology e Design Thinking
Per creare prodotti ed esperienze di successo, la nozione base dello startup mindset è la necessità di progettare tali esperienze, in un modo che al contempo risolva i problemi delle persone.
“Esistono framework progettuali molto importanti che permettono di progettare esperienze, il Design Thinking è un esempio: non una metodologia ma un vero e proprio mindset, che mette la persona al centro della progettazione. Se startup ed aziende falliscono principalmente perché lanciano beni di cui la gente non ha bisogno, per avere successo è importante partire dai bisogni delle persone, adottando degli approcci e delle metodologie che aiutino a risolverli. Vi è così un cambio di paradigma, dal making people want things (vecchio assunto in voga nel marketing) al making things people want, e mediante il Design Thinking e l’experience design si possono coinvolgere le persone e trovare soluzioni basate sui loro desideri, ma anche sulla fattibilità tecnica e sulla business variability,” racconta Macario. “Come esperto di Design Thinking credo che oggi questo mindset abbia un nuovo potenziale molto più impattante. Mi chiedo se si possa progettare per il benessere delle persone e del pianeta insieme, trovando soluzioni ottimali per l’equilibrio ecosistemico. Questo aumenta il numero di stakeholder da considerare nella progettazione, non dovendo essere coinvolte solo le persone, ma l’insieme pianeta, con i suoi bisogni e caratteristiche specifiche. Sono convinto ci muoveremo da un focus di design human centered ad uno planet centered.”
Lo startup mindset diventa così un approccio fondamentale nella creazione di prodotti partendo non da un’idea ma da un reale bisogno validato. Importante è in quest’ottica il principio secondo cui l’innovazione più efficiente è quella di cui c’è un reale bisogno da parte degli utenti. Questo è il concetto alla base del metodo Lean Startup, fondato sui principi di “build, measure, learn”, con cui è possibile validare il proprio prodotto o servizio nel contesto definito come incerto e imprevedibile, ottimizzarlo grazie ai feedback ottenuti, rivedendo costantemente le ipotesi fatte durante la progettazione, misurando i risultati ed imparando dagli errori per concepirne versioni sempre migliori.
Secondo Macario, lo spreco maggiore è creare un prodotto o un servizio che nessuno vuole, incapace di portare un miglioramento significativo al suo contesto di riferimento. L’obiettivo è di elaborare soluzioni centrate prima di tutto sulle persone e sui loro bisogni reali fin dal concepimento della business idea. Tale strategia non può essere procrastinata in fasi successive come la commercializzazione, dove la soluzione è già stata implementata.
“Bisogna creare un flusso continuo di feedback tra la startup e i potenziali clienti durante il processo di sviluppo del prodotto (come avviene nella sperimentazione con gli early adopters) per garantire un contesto di apprendimento costante e verifica di ogni di ipotesi alla base dell’idea del business. Ridurre gli sprechi significa costruire soluzioni di valore nate non da una nostra personale idea o intuizione, ma da un ascolto ed un’interazione con due fra i gli ingredienti del business più importanti: il mercato ed i potenziali clienti. L’idea, in una startup, vale poco: questo è un pensiero confermato da investitori, VC, e startupper importanti che ho avuto modo di conoscere in precedenti esperienze,” racconta Macario. “La cosa più importante è l’execution ed una grande execution passa da un team multidisciplinare capace di cambiare, di raccogliere feedback dall’esterno e di non innamorarsi delle idee. Credo fermamente che il Design Thinking e la Lean Startup saranno destinati ad unirsi in matrimonio duraturo, negli ultimi percorsi di formazione che sto progettando sto lavorando su questo. Trovo il Design Thinking molto utile nella parte di customer discovery, in quella che nel gergo viene chiamata problem/solution fit dove si analizza il contesto, si raccolgono insight ed elaborano delle possibili soluzioni che andranno poi a generare un MVP (Minimum Viable Product). E proprio in questa fase diventa poi fondamentale l’approccio Lean Startup, un preziosissimo alleato per testare questa potenziale soluzione in maniera agile e snella con cicli continui di feedback da parte degli utenti lavorando sulla parte product/market/fit.”
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Accettare il Fallimento
In ottica di measure and learn, il fallimento diventa quindi un elemento cruciale nel processo di crescita e sperimentazione. L’incertezza e l’imprevedibilità portano a dover prendere decisioni rischiose che potrebbero non funzionare. Spesso, specialmente in Italia, dove vi è quasi una personalizzazione dell’insuccesso, come ci racconta Donato Macario, il fallimento viene visto come una sentenza finale, ed il suo rischio come un motivo per non agire. Lo startup mindset prevede invece l’accettazione del fallimento, che consente di agire con la consapevolezza che l’imprevedibilità del futuro e del mercato e la certezza che le cose cambieranno dall’oggi al domani non debbano prevenire la sperimentazione, il rischio, l’azione.
“Nella metodologia Lean Startup si dice: fail fast, succeed faster. Il fallimento nella cultura della startup viene visto come un contesto di apprendimento incredibile,” ci dice Macario. “Non è possibile fuggire dal fallimento, e per questo è importante riconfigurarlo non come la personificazione di un errore, ma come un momento di crescita personale e per l’azienda: bisognerebbe imparare a sbagliare bene.”
Essere Startupper all’Interno di un’Azienda
Lo startup mindset non è solo utile alla creazione di un progetto imprenditoriale personale, perseguendo una finalità da “entrepreneur”. Sono infati sempre più le aziende che ricercano nei propri collaboratori l’atteggiamento e le metodologie tipiche della startup, nell’ottica di far fronte alle turbolenze del mercato rivedendo la proposta dei propri prodotti e servizi e rendendo più performanti i processi di organizzazione aziendale.
“Con il passare del tempo sono sempre più convinto che imparare a lanciare una startup sia utile non solo per un fine imprenditoriale personale- è un concetto che spingo molto nelle formazioni-, ma che chi lancia una startup debba essere conscio che potrà mettere a frutto ciò che ha imparato anche all’interno di un’azienda esistente. Questo è quello che in gergo viene definito un intrapreneur, ovvero uno startupper all’interno di un’azienda già consolidata, una figura che può avere un fortissimo impatto ed aiutare organizzazioni esistenti a rivedere i propri processi e ad avere successo nello scenario che abbiamo descritto,” sottolinea Macario.
“È un periodo magnifico per questo tipo di persone: l’intrapreneur è un professionista che lavora all’interno dell’azienda, ma con il mindset imprenditoriale da startupper. Una persona orientata al raggiungimento degli obiettivi e non solo all’assolvimento dei suoi compiti. Un profilo capace di reagire positivamente alle nuove sfide, proponendo soluzioni e impegnandosi nella loro realizzazione, senza aver paura del fallimento. Sa far tesoro dell’errore e ricominciare da capo velocemente tenendone conto, è come se applicasse i principi del design thinking e della lean startup anche ai processi aziendali. Il suo non è un compito facile, per esempio deve combattere contro livelli di management aziendale che non accettano i cambiamenti, le resistenze interne all’innovazione.
Essere intrapreneur significa aver sperimentato sulla propria pelle l’ambiente della startup, ed aver lavorato sulla propria persona investendo nelle skills che richiedono pensiero analitico, problem-solving complesso, creatività e che sembrano essere fra le nuove skills più ricercate fra le aziende che innovano davvero.”
Come Possono le Aziende Tradizionali Adottare uno Startup Mindset?
Per portare lo startup mindset nelle aziende esistenti, è importante che le aziende siano aperte ad adottare un nuovo modus operandi, a mettersi in discussione, a rivedere le proprie convinzioni, a fallire. Sono sempre più le aziende ad adottare uno startup mindset per adattarsi ai nuovi scenari economici, ma sono ancora molte quelle restie ad accettare il valore aggiunto delle nuove metodologie e ad applicarle al loro interno.
“In questo momento storico è importante la formazione non solo su studenti e aspiranti startupper, ma, in parallelo, sulle aziende poco aperte ai cambiamenti e resistenti all’innovazione, per mostrare come i vecchi modelli di business siano ormai obsoleti e che un modo diverso di lavorare è possibile e può essere implementato in maniera virtuosa. Nei programmi di Open Innovation a cui lavoro cerco di sottolineare questo aspetto,” afferma Macario. “Abbiamo parlato di mindset proprio perché bisogna cercare di instaurare un nuovo modo di pensare ai processi e all’utilizzo delle metodologie che non sono meri tools da eseguire in maniera pedissequa. Avere dunque figure esterne che possano seguire i processi di innovazione e supportare l’azienda nella trasformazione è fondamentale perché il cambiamento sia pervasivo,” spiega Macario.
“Lo startup mindset, con le metodologie e gli approcci ad esso legati, è impattante all’interno delle aziende che non lo separano più dalla loro quotidianità. L’innovazione oggi per le aziende è probabilmente l’unico modo di sopravvivere in questo mercato globale in perenne cambiamento. Comunemente, quando parliamo di innovazione, la colleghiamo al concetto alle big ideas: a mio avviso l’era delle big ideas sta tramontando, e le aziende dovrebbero capirlo, e capire come andare oltre il concetto di ‘guizzo geniale’. Bisognerebbe spostare il focus dell’innovazione dall’output finale, quindi prodotto/servizio, al processo che porta ad essi. Per questo le metodologie proprie dello startup mindset sono così performanti, perché i modelli di startup sono sempre stati progettati per fronteggiare il rischio, l’incertezza dell’ambiente in cui operano, ed è per questo che anche le grandi aziende dovrebbero iniziare ad agire come se fossero delle startup.”
All’interno di questa trasformazione del mindset dell’azienda, punto fermo sono le persone che la compongono, e la loro adattabilità.
“Questa recente pandemia e la trasformazione digitale pervasiva hanno rivoluzionato ogni aspetto del vivere e del fare impresa, ma gran parte delle aziende hanno spesso subito e non cavalcato il cambiamento. Sono convinto che nel cavalcare il cambiamento ci sia bisogno di investire non solo in tecnologia, ricerca, ma in quel patrimonio inestimabile presente in ogni azienda ed organizzazione: le persone. Questo focus sull’innovazione che mi piace definire people driven implica una nuova attenzione sul modo in cui si lavora all’interno dell’azienda, su come si organizza il lavoro e come si ingaggiano i propri collaboratori: essere capaci di attivare il potenziale di queste persone può diventare un fondamentale fattore di successo che caratterizza un’azienda,” spiega Macario.
“Come consulente sto studiando e lavorando nell’applicare i principi di design thinking ed experience design su questo focus, per rendere le persone più performanti, lavorando sul concetto di Employee Experience. Oggi l’Employee Experience sembra essere l’evoluzione della Customer Experience, in quanto è divenuto lampante che le organizzazioni non possono soddisfare le aspettative di interlocutori esterni come i clienti se non sono capaci di gestire al meglio la loro risorsa più preziosa che si configura con le persone che le costituiscono.
Comprendere come motivare e rendere più felici i dipendenti è cruciale e vedo una grande sinergia tra Employee Experience e Wellbeing. Finalmente negli ultimi anni anche in Italia inizia ad esserci consapevolezza dell’importanza di avere delle strategie che guardano al benessere dell’individuo in maniera olistica perché persone felici e in salute sono più produttive e maggiore produttività individuale combinata con organizzazione più smart dell’azienda significa per quest’ultima maggiore profitti e capacità di attrazione per talenti esterni.
Nel futuro prossimo le imprese che vorranno davvero innovare e prosperare dovranno adottare un nuovo modello culturale che produrrà nuove forme di organizzazione aziendale e nuovi processi produttivi.
Confido che torneremo a vivere un un rinnovato umanesimo dove la tecnologia sarà sempre più una commodity, un abilitatore che sta riscrivendo i nostri modi di vivere, lavorare, studiare. Dovremmo cercare di investire e valorizzare le competenze che difficilmente possono essere sostituite dalle macchine, dall’intelligenza artificiale: quelle che richiedono flessibilità, giudizio e creatività.
Dovremmo iniziare a trattare noi stessi come se fossimo la startup più importante, come se fossimo degli individui capaci di cambiare alla stessa velocità con cui cambia il contesto in cui viviamo, applicando, perché no, strumenti come il Design Thinking e la Lean Methodology non su un’idea di business, ma sui contesti lavorativi, sul progetto più importante, la nostra vita,” conclude Macario.
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Molto interessante! Sono d’accordo in particolare sulla parte della centralità del consumatore. Infatti sto prendendo parte alla nascita di una start up e sebbene l’idea di base mi sembra molto valida, ho capito che dovrei inquadrare prima i clienti e i loro bisogni, per adattare il prodotto ad essi.