Significato, Caratteristiche e Obiettivi dell’Impact Investing, la Finanza a Impatto Sociale
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L’impact investing è una tendenza nata in campo di investimenti finanziari a seguito della crescente consapevolezza collettiva riguardo i problemi di sostenibilità ambientale ed uguaglianza sociale, che, permeando anche il settore della finanza, ha delineato una nuova necessità di pensare più coscientemente al modo di gestire i capitali, con investimenti responsabili ed etici che generino un impatto sociale oltre che un ritorno finanziario. Gli investimenti ad impatto sociale stanno pian piano sostituendosi ai tradizionali modelli di investimento come nuova frontiera della finanza sostenibile: ma quali sono le caratteristiche, gli strumenti finanziari e gli obiettivi dell’impact investing? Abbiamo intervistato Marco Nannini, CEO di Impact Hub, Senior Advisor di FabriQ, membro di Toniic, il più importante network di Impact Investor al mondo, che ci ha parlato dei principi fondamentali dell’impact investing e di come stia diventando una tendenza sempre più predominante per aziende ed investitori.
Cos’è l’Impact Investing?
L’impact investing (investimento ad impatto sociale) fa riferimento a tutti quegli investimenti intenzionali fatti in organizzazioni, compagnie e fondi con il fine di generare un impatto sociale, ambientale o culturale positivo e misurabile, che al contempo generi un ritorno finanziario per gli investitori calcolato con la metrica dello SROI.
Si tratta di una tipologia di investimenti relativamente “nuova”, caratterizzata dall’intenzionalità di chi investe nel generare un impatto sociale o di risolvere problematiche sociali e/o ambientali, seppur comunque accompagnata da un obiettivo economico. L’assunto alla base di questo tipo di investimenti pertanto è che ci debba essere un impegno attivo nella misurazione della performance sociale e ambientale, proprio come avviene per la performance finanziaria.
Gli impact investor generalmente direzionano il proprio capitale verso società, organizzazioni no-profit e fondi in diversi mercati, non solo nei paesi in via di sviluppo, ma in settori operanti nella sostenibilità ambientale, nella sanità, nell’educazione, nell’urbanistica e nell’agricoltura, a seconda degli interessi e degli obiettivi dell’investitore stesso. L’impact investing può essere realizzato mediante diverse classi di asset, dal private equity al venture capital, ai green bond, agli investimenti in asset tangibili, e si sta pian piano espandendo a tutte le classi di attività, dai titoli a reddito fisso alla public equity.
Negli ultimi anni il fenomeno dell’impact investing sta diventando sempre più diffuso, con investitori istituzionali negli Stati Uniti e istituzioni finanziarie per lo sviluppo in Europa come principali protagonisti di questa tendenza. Persino la Chiesa Cattolica investe parte del suo patrimonio in fondi ad impatto. Secondo il GIIN, il Global Impact Investing Network, l’organizzazione dei grandi investitori di impact investing, le risorse in questo settore a livello globale superano i 200 miliardi di dollari. Ma come nasce l’impact investing, cosa caratterizza un investimento di questo tipo, e quali sono i suoi principali strumenti finanziari? Ce ne ha parlato Marco Nannini, impact investor, CEO di Impact Hub e Senior Advisor di FabriQ.
Caratteristiche dell’Impact Investing
Gli impact investments sono realizzati da soggetti, siano essi privati o imprese, organizzazioni e fondi, con l’obiettivo di generare un impatto sociale che sia misurabile e che generi a sua volta un ritorno dell’investimento. Ci sono alcune caratteristiche fondamentali che rendono un investimento ad impatto sociale:
- L’intenzionalità da parte dell’investitore di generare un impatto sociale positivo, e dunque che questo impatto non sia una conseguenza casuale dell’investimento;
- Un ritorno sull’investimento atteso;
- La non-definizione del tasso di rendimento previsto, che può essere sopra o sotto del tasso di rendimento medio di mercato e che offre quindi una certa libertà nell’oggetto dell’investimento;
- La diversità di classi di investimenti finanziari e meccanismi di investimento utilizzati dai soggetti investitori, dal private equity, al “social venture capital”;
- La misurabilità dell’impatto dell’investimento.
Come e Quando Nasce
“L’impact investing è un punto di incontro tra due mondi che fino a qualche anno fa non si parlavano,” spiega Marco Nannini. “Da una parte ci sono gli investitori, che sempre più frequentemente hanno cominciato a fare investimenti che diventavano dapprima responsabili, poi socialmente utili e così via, spinti da motivi personali o da quelli di coloro che affidavano loro capitali da gestire. Si passava dunque dall’analizzare il mercato per capire ciò che performa meglio a scegliere di non investire in determinati settori— le armi, il petrolio, la plastica— poi ad investire in un qualcosa che non danneggia— i cosiddetti investimenti responsabili o SRI—, e poi ad investire in qualcosa che non solo non danneggia, ma fa qualcosa di positivo per migliorare la situazione esistente dal punto di vista sociale o ambientale,” racconta Nannini.
“Questo è stato un trend, quello degli investitori, che chiaramente si aspettano dei ritorni di mercato. Dall’altra parte c’era un altro trend, quello di coloro che facevano filantropia. Spesso si trattava degli stessi soggetti, che da un lato investivano e dall’altro facevano filantropia. Questi soggetti ad un punto si sono stancati di vedere, per inefficienza, usati male i propri soldi. Spesso le donazioni erano infatti una sorta di pozzo senza fondo, in quanto alcune delle organizzazioni, piccole o grandi, che gestivano i soldi, non erano efficienti, non raggiungevano mai economie di scala, non erano insomma la migliore risorsa per quel tipo di lavoro, perdendo spesso tantissimo denaro che invece avrebbe potuto essere investito in modo migliore,” racconta Nannini.
L’impact investing mette dunque in congiunzione due mondi tecnicamente contrapposti: il fare beneficienza ed il fare profitto. “Da qui è nata l’idea di quella che è stata chiamata venture philantrophy, ovvero chi faceva filantropia dava dei grant alle differenti organizzazioni o fondi, chiedendo un ritorno del capitale, che può essere il 20%, l’80%, o tutto il capitale. Questo meccanismo ha fatto sì che le organizzazioni destinatarie dei grant si impegnassero a far fruttare il denaro ricevuto utilizzandolo al meglio, essendo di fatto obbligate a restituire qualcosa. Dalla venture philantrophy si è poi passati ad un tipo di investimento in cui vi era il ritorno di tutto il capitale, o addirittura del capitale remunerato, arrivando all’impact investing. Da una parte quindi avevamo zero ritorno, dall’altra parte un ritorno di mercato: questi due tipi di investimento si sono incrociati in un’area in cui il tasso di ritorno dell’investimento è al di sopra dello 0, ovvero l’area dell’impact investing.”
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Posizionamento: l’Evoluzione degli Investimenti Sostenibili e Responsabili
L’impact investing si inserisce dunque nel filone della finanza sostenibile, una tendenza già diffusa da diversi anni, portandola ad uno step successivo. Se questo tipo di investimenti rappresentano l’incontro tra beneficienza e profitto, si può delineare un’area in cui ai due estremi vi sono la filantropia e gli investimenti canonici, nel cui mezzo si individuano diverse tipologie di finanza responsabile e sostenibile— tra cui l’impact investing— in cui ciò che varia sono gli equilibri tra l’impatto sociale e la massimizzazione del rendimento finanziario. In quest’area individuiamo:
SRI – Investimenti Responsabili
Si tratta di investimenti fatti seguendo gli indici SRI, o indici di sostenibilità, evitando con intenzionalità l’apporto di capitale in tutte quelle aziende o organizzazioni controverse che arrecano un danno ambientale o sociale, come le aziende produttrici di armi, tabacco o alcool.
ESG – Investimenti Sostenibili
Investimenti fatti in aziende virtuose che rispettano i criteri ESG. Il rating ESG delle aziende, noto anche come rating di sostenibilità, decreta l’impatto positivo di un’azienda, titolo o fondo, in campo ambientale, sociale, culturale e di governance.
Impact Investing – Finance First
Focus degli investimenti su aree in cui il bisogno sociale o ambientale crea le condizioni ideali per un’opportunità economica.
Impact Investing – Impact First
Investimenti realizzati in organizzazioni, aree, settori in cui bisogni o problematiche sociali e/o ambientali richiedono un trade-off finanziario, il cui impatto sia misurabile e che prevedano un ritorno dell’investimento.
A fronte di questa categorizzazione, è chiaro come l’Impact Investing non solo rientri nella finanza sostenibile, ma vada oltre l’osservanza dei criteri di selezione socialmente responsabili, come quelli fissati dai Sustainable Development Goals dell’ONU, volti a ridurre i danni sulla società, ricercando attivamente un impatto positivo e concreto sulla stessa.
“La tipologia di investimento dipende di fatto dall’estrazione con cui gli investitori arrivano a fare impact investing; se si tratta quindi di filantropi che decidono di non dare più grant ma di voler fare una filantropia migliore, oppure investitori che cercano un asset migliore su cui investire,” racconta Nannini. “Si è però passati dall’evitare di fare investimenti in settori socialmente inaccettabili, secondo i criteri SRI o ESG, indicatori ambientali e governativi, al salto nell’impact investing, in cui si ricerca un impatto positivo, e quell’impatto non è casuale ma intenzionale. Si tende a dire che questa è un’evoluzione degli ultimi anni; in realtà guardando alla storia è sempre stato cosi. Ad esempio, quando venne pubblicata la famosa foto della bambina vietnamita con i vestiti bruciati dal napalm, la Dow Chemical perse tutti gli investitori, perché chiaramente era inaccettabile investire in un’organizzazione che provocava qualcosa di così dannoso che era sotto gli occhi di tutti.”
Sebbene dunque sia un termine di recente forgiatura, l’impact investing è una tendenza che ha spesso seguito le correnti morali ed etiche dei diversi periodi storici. Se in precedenza era tuttavia ristretto ai patrimoni privati, venture capital ed infrastrutture verdi, reti di aree naturali pianificate con obiettivo di fornire servizi ecosistemici, oggi si sta espandendo rapidamente a diverse classi di attività, con organismi appositi come il GIIN, che lavorano per aumentare il raggio e l’efficacia dell’impact investing a livello globale, facilitano la rete e lo scambio di conoscenze nel settore e riducono le barriere d’ingresso, delineando nuovi approcci innovativi di investimento che incontrino le necessità di investitori sempre più etici e responsabili.
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Misurabilità dell’Impatto Sociale
Sebbene il verificarsi di un impatto misurabile sia uno dei punti cardine identificativi della finanza ad impatto sociale, tale misurazione può tuttavia essere complessa, o totalmente arbitraria, data la difficoltà di quantificare e provare in maniera scientifica cambiamenti sociali positivi.
“Il tema della misurabilità è ancora molto dibattuto, e non si è ancora giunti a una quadra,” ci spiega Nannini. Il vero problema della misurazione dell’impatto è che concettualmente non misurabile, in quanto di fondo si misura un qualcosa che non ha una doppia prova. In una casa farmaceutica è possibile fare un test su un gruppo di pazienti, dando ad un altro gruppo un placebo e confrontando i risultati: noi non abbiamo due terre su cui misurare l’impatto.
“Ad esempio un fondo inglese ha fatto un grosso investimento che riteneva di impact investing, aprendo palestre a basso prezzo nei quartieri di periferia delle città, sostenendo come questo abbassava la criminalità e l’allontanamento scolastico, ma non c’è una controprova a dimostrarlo. Non esiste una città identica, con le stesse persone, in cui non è stata aperta una palestra. Quindi la misurazione è possibile, ma spesso queste misurazioni lasciano il tempo che trovano, in quanto influenzate da mille variabili,” continua Nannini.
“Identificare le variabili su cui si incide con l’impact investing è difficile, specialmente perché spesso queste variabili sono outcome che arrivano dopo tempo. Ad esempio posso investire nella vaccinazione di bambini africani contro l’ebola, e questi bambini quando diventeranno grandi apriranno aziende e faranno crescere il PIL di quel paese, ma devo aspettare 30 anni per misurare questo outcome. Potrei misurare invece l’output, ma l’output è una proxy. Ad esempio potremmo dire che se in uno stato più persone parlano inglese, allora il commercio con l’estero migliora. Posto questo, non si può attendere l’outcome del PIL con l’estero per vedere se è cresciuto, ma devo misurare il numero di persone che hanno passato il test d’inglese. Se però queste persone sono ragazzi di quinta elementare, che entreranno nel mondo del lavoro tra vent’anni, questo dato è irrilevante alla misurazione dell’impatto in quel momento.”
L’equilibrio alla base dell’impact investing tra le sue caratteristiche principali, impatto sociale, ritorno dell’investimento e tasso di rischio per l’investitore è intaccato anche dalla difficoltà non solo nel misurare l’impatto sociale, ma nel tradurre questa misurazione in un valore monetario che sia indice del successo dell’investimento.
“Sapendo di dover sacrificare parte del ritorno dell’investimento in virtù del fatto che si sta facendo qualcosa di socialmente utile, un impact investor va a misurare l’impatto, e quel valore misurato, ad esempio dieci persone in più che conoscono l’inglese, lo trasforma in un valore monetario. Se oggi ci sono dieci persone in più che conoscono l’inglese, tra tre anni probabilmente ci saranno cinque export manager, ed ognuno di questi genererà un PIL di un certo valore, e dunque l’investimento avrà creato un valore monetario di un certo numero. Il problema di queste misurazioni è che sono soggette a moltissime variabili, e non sono confrontabili: 10 dollari ricavati da queste variabili in istruzione e 10 dollari ricavati da altri output in sostenibilità sono uguali?” chiede Marco Nannini.
La difficoltà nel quantificare il ritorno sull’investimento in termini di impatto, rende anche complesso individuare quali siano i settori o le iniziative su cui investire per generare un impatto sociale accompagnato da un rendimento.
“Nell’impact investing vi è una soggettività molto elevata. Se i 10 dollari ricavati in istruzione ed i 10 in ambiente sono confrontabili, allora bisognerebbe investire su una piuttosto che sull’altra causa solo se da una parte ho un ritorno di 10 e dall’altra un ritorno di 9. Nella realtà ci sono investitori più interessati all’istruzione, e investitori più interessati all’ambiente. La misurazione è molto complessa, specialmente quando si passa dalla misurazione dell’impatto, già difficile di per sé, alla trasformazione di quella misurazione in un valore monetario.”
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Obiettivi dell’Impact Investing
Abbiamo visto come gli investimenti ad impatto sociale siano trasversali, e possano favorire diversi settori, in quanto pressoché qualunque settore può essere reso migliore dal punto di vista sociale o ambientale.
Generalmente, questo implica una vasta varietà e libertà di investimento, purché sia volto a rafforzare e sviluppare la sostenibilità imprenditoriale o a risolvere problematiche sociali e di inclusione come l’allontanamento scolastico, la diffusione della cultura, il disagio abitativo, lo sviluppo delle comunità. In linea generale, l’impact investing mira a:
- Migliorare gli standard di trasparenza e comunicazione finanziaria e sociale;
- Migliorare l’efficienza della spesa pubblica negli interventi di welfare;
- Investire in aree sociali che necessitano di supporto finanziario.
“Tutti i settori sono migliorabili dal punto di vista della sostenibilità: questo è riassunto negli SDG, i Sustainable Development Goals individuati dall’ONU per lo sviluppo sostenibile, che in qualche modo sono una riorganizzazione di quelli che erano gli ESG e sono riconosciuti oggi come la linea guida in ambito sostenibilità che un po’ tutte le aziende stanno seguendo. Quindi non si identificano delle aree di azione vere e proprie, ma ci si pongono degli obiettivi da raggiungere. Chiaramente alcuni obiettivi sono obiettivi di impatto, come la gender equality, il lavoro di qualità, anche se è importante capire quali obiettivi una determinata azienda si dà, e se sono obiettivi reali. Perché anche la peggiore azienda, ad esempio un’azienda che fa mine antiuomo, potrebbe avere come obiettivo il lavoro di qualità, ma chiaramente il lavoro di qualità non è il problema di quell’azienda,” spiega Nannini.
Chi Sono i Protagonisti dell’Impact Investing?
L’impact investing sta attraendo nel tempo una vasta gamma di investitori, sia privati che istituzionali, intermediari finanziari e no-profit, associazioni cattoliche ma anche banche, rompendo la concezione che le problematiche sociali siano prerogativa esclusiva delle associazioni benefiche e di volontariato.
Trattandosi di un ibrido tra la filantropia e la finanza tradizionale, i soggetti investitori sono sovente persone o istituzioni che decidono di allocare in maniera più efficiente e responsabile i propri capitali, ma sempre più frequentemente il cambiamento parte dalle aziende stesse, le quali trasformano il proprio modello di business in uno più sostenibile, diventando così soggetti beneficiari dell’impact investing.
“Ci sono due soggetti che derivano dagli investitori, quindi le organizzazioni che prima prendevano i grant ed hanno compreso di doversi muovere verso modelli di business sostenibili, e da soggetti ‘onlus’ e simili sono diventate società che fanno del bene, quindi i recettori dell’impact investing. Dall’altra parte ci sono le aziende con modelli di business tradizionali, che si sono accorte che gli investitori si stavano muovendo, e hanno deciso di muoversi con loro, smettendo ad esempio di produrre beni dannosi per continuare a beneficiare degli investimenti. Nel mezzo c’è la deriva del greenwashing, ma ci sono anche soggetti virtuosi, aziende che realmente hanno cambiato passo in ottica di investimenti, ed onlus che hanno cambiato il proprio modello di business per diventare sostenibili. Ci sono anche realtà che nascono proprio con quello scopo specifico, ovvero non di risolvere un bisogno o un problema tecnico, ma di realizzare un prodotto o servizio che abbia un impatto positivo,” spiega Nannini.
Leggi anche: Investire in Startup: Come Farlo e Perché Farlo
Gli Strumenti Finanziari dell’Impact Investing
L’impact investing può essere realizzato mediante l’impiego di una vasta gamma di strumenti finanziari appartenenti a diverse asset class. Se in passato l’impact investing era circoscritto ai capitali privati o al venture capital, oggi vi sono diversi strumenti a disposizione degli investitori, che implicano diversi tassi di remunerazione prevista, e dunque diversi rischi.
Dagli investimenti di private equity nel capitale di imprese sociali, ai titoli a reddito fisso, come i Green Bonds e Social Bonds per i progetti ambientali e sociali, alla public equity, agli investimenti in asset tangibili come impianti di energia rinnovabile, qualsiasi processo di asset allocation può rientrare nell’impact investing.
“È chiaro come investendo direttamente in private equity o venture capital in aziende che fanno impact, è ovvio che si tratti di impact investing. Però si può anche apportare capitale in un fondo che investe nella stessa azienda, o fare prestiti ad aziende che fanno quel tipo di business, o ancora mettere soldi in una banca che investe solo in impact, come fa Triodos Bank, in Olanda. Quindi alcune forme di impact investing sono immediatamente visibili, altre meno, ma esistono comunque,” commenta Nannini.
Impact Investing in Italia e nel Mondo
Secondo l’ultimo rapporto del GIIN, il Global Investing Network, l’ammontare di risorse investite in obiettivi ad impatto a livello globale supera i 228 miliardi di dollari. Parliamo dunque di una tendenza che sta crescendo rapidamente, in particolare negli Stati Uniti ed in Europa, con l’Olanda a capo del mercato.
La nascita di organizzazioni che raccolgono i grandi impact investor come il GIIN, per i grandi investitori istituzionali, ed il Toniic, il più grande network di impact investor informali, ha inoltre contribuito a disegnare delle linee guida per questo tipo di investimenti, dettando le regole di quali sono gli investimenti accettabili e contribuendo a creare una rete in cui scambiare conoscenze e progredire nell’innovazione ed incentivazione della finanza sostenibile. Il movimento delle coscienze comuni sui temi della sostenibilità ambientale e sociale, dell’uguaglianza e della scolarizzazione fa inoltre sì che vi sia molta più consapevolezza da parte degli investitori del tipo di aziende ed organizzazioni su cui investire il proprio denaro.
Ma quali sono le prospettive future dell’impact investing?
“In una riunione del Toniic, alla domanda ‘cosa ci si aspetta fra 5 anni per l’impact investing’?, gli impact investor hanno risposto: che non ci sia più l’impact investing,” ci racconta Nannini. “Nel senso che diventi talmente mainstram da essere il modo normale di fare investimento, che il valore dell’impatto sia talmente ovvio che non si possa non tenerne conto. Non sappiamo se ci si arriverà tra 5 anni, tra 10, ma il rimettere al centro— e sottolineo rimettere— certi valori negli investimenti, nel modo di fare impresa, in generale nell’economia, è un qualcosa che sta ritornando in maniera molto accelerata.
“Se guardiamo agli investitori del passato, anche 200, 2000 anni fa l’imprenditore aveva a cuore degli obiettivi sociali, ambientali. Il problema erano i valori a questi sottostanti, che un tempo potevano essere valori condivisi e che oggi giudichiamo sbagliati. Oggi, se qualcuno consegnasse la propria merce con un camion a carbone, gli verrebbe detto: stai inquinando. Trent’anni fa nessuno gli diceva nulla. Non significa che questo qualcuno fosse una cattiva persona, significa che non aveva quel valore. L’economia è sempre stata basata sui valori del suo periodo storico.”
L’impact investing si delinea dunque come il passo in più nella finanza sostenibile in risposta ai sempre più pressanti ed importanti valori condivisi legati ai temi di sostenibilità sociale ed ambientale. L’impact investing è stato inserito nell’agenda lavori del G8, mentre in Italia la SIA (Social Impact Agenda per l’Italia) ha previsto il raggiungimento di 3 miliardi di euro di investimenti a impatto socio-ambientale.
“Stiamo cambiando, ed anche le aziende stanno correndo ai ripari, nel senso che si rendono conto di dover comunicare quello che hanno sempre fatto, o quello che vorrebbero fare. Molte aziende hanno sempre fatto cose positive, si tratta quindi di dover trasmettere questo messaggio. Altre aziende si danno semplicemente una pitturata, ma il consumatore non è stupido. Se 30 anni fa quando si parlava di greenwashing al consumatore non importava, oggi questi è molto più attento, selettivo. Ciò significa che solo le aziende e le organizzazioni che si danno davvero da fare rimarranno sul mercato. Parlando a livello embrionale, ad esempio, non c’è una startup che non abbia un modello di business attento all’ambiente, al sociale, agli aspetti correlati. Direi quindi che l’impact investing è una presa di coscienza collettiva, è un trend inarrestabile. Anche perché se non lo fosse, ci arresteremmo noi come popolazione,” conclude Nannini.
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